Rana Plaza, una tragedia che ci pone domande

Cambio Stile

Chi ha fatto i miei vestiti? Questa è la domanda che ha portato due donne coraggiose, Orsola de Castro e Carry Somers a fondare Fashion Revolution, impegnata oggi a diffondere consapevolezza e promuovere la responsabilità sociale dei consumatori rispetto al tema dell’abbigliamento.
Questo post è il primo di una rubrica attraverso cui approfondire e discutere assieme sull’impatto ambientale e sociale dell’industria dell’abbigliamento, e condividere buone pratiche alternative, come facciamo con il nostro negozio Abiti Senza Tempo.
Il 24 aprile 2013, in Bangladesh, 1134 persone perdevano la vita e altre 2500 restavano ferite a causa del crollo del Rana Plaza, un edificio di otto piani che non resse al peso dei macchinari e dei lavoratori che ogni giorno vi si recavano per produrre abiti per svariate case di moda di tutto il mondo.
La tragedia si poteva evitare, perchè i lavoratori avevano più volte denunciato l’insicurezza dell’edificio, ma erano stati messi a tacere con la minaccia del licenziamento.
Kalpona Akter, sindacalista tessile del Bangladesh, sostiene che “Rana Plaza non è stato un incidente: è stato un omicidio. Questo disastro era del tutto evitabile e non sarebbe accaduto se ci fossero state misure di sicurezza adeguate, un monitoraggio efficiente delle condizioni di lavoro e l’ascolto dei lavoratori stessi. (…) Se vogliamo prevenire un altro Rana Plaza e promuovere cambiamenti positivi, allora abbiamo bisogno di un nuovo accordo che sia firmato da tutti i marchi che producono in Bangladesh”.
In Italia, la vicenda del Rana Plaza è stata seguita in particolare dalla Campagna Abiti Puliti, declinazione dell’organizzazione internazionale “Clean Clothes Campaign”. Abiti Puliti da anni si impegna per sensibilizzare i consumatori e fare pressione sulle case di moda affinchè, appaltando la produzione dei propri capi in paesi del Sud del Mondo, si facciano carico in prima persona della tutela dei diritti dei lavoratori, che riguardano certamente la sicurezza degli edifici, ma anche tanti altri rischi per la salute e per l’ambente, compensi adeguati, orari e ritmi di lavoro umani, lavoro minorile ecc ecc.
Noi, insieme, possiamo fare molto, con le nostre scelte di consumo, contribuendo a diffondere consapevolezza e facendo pressione sulle aziende scorrette.
Se vuoi “metterti in gioco”, diventare attore invece che spettatore della storia che cambia, ti invitiamo a compilare il form qui sotto .
In Contatto, si può.

 

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